The Cure: la carriera, i membri, i dischi e tutte le curiosità sulla mitica band inglese guidata da Robert Smith.
Nella storia del post punk britannico, ma potremmo dire anche internazionale, in pochi hanno avuto l’impatto e l’influenza dei The Cure, la creatura fondata e guidata da Robert Smith nel lontano 1976, proprio quando la new wave stava cominciando a prendere piede. Gruppo iconico tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Novanta, devono buona parte del loro successo alla cosiddetta fase gotica, oltre che al carisma malinconico di un grande leader come lo stesso Smith. Andiamo a scoprire alcune curiosità sulla loro carriera e la loro incredibile storia.
Chi sono i The Cure: membri e carriera
Se c’è una costante che ha, più o meno, contraddistinto le vicende dei Cure sono stati i continui cambi di formazione. I membri originali della band sono stati Robert Smith, Laurence Tolhurst, Porl Thompson e Michael Dempsey, mentre la formazione attuale vede, oltre a Smith, Simon Gallup a basso e tastiere, Jason Cooper dietro le pelli, Roger O’Donnell alla tastiera, Reeves Gabrels alla chitarra e Perry Bamonte a fare un po’ di tutto.
Nati nel 1976, dopo alterne fortune e qualche primo cambio di line up, firmano nel 1977 il loro primo contratto per la Hansa Records, etichetta indipendente tedesca. Con un finanziamento di 1000 sterline danno vita alla registrazione dei primi demo. Per poter cominciare a trovare un minimo di fortuna, i ragazzi inglesi devono però aspettare il dicembre 1978, quando viene pubblicato dalla Small Wonder il loro singolo Killing an Arab, brano che, di fatto, anticipa l’esordio nel 1979 con il loro primo vero album, Three Imaginary Boys, pubblicato dalla Fiction Records.
Pur non avendo ancora trovato la propria direzione definitiva, in questo periodo i Cure trovano il primo grande successo della loro carriera, con la pubblicazione del singolo Boys Don’t Cry:
Sono anni di grande apprendistato per Smith e i suoi compagni di band. In questo periodo hanno infatti la possibilità di suonare come gruppo di supporto per band importanti come i Wire, i Police e i Joy Division, inoltre nel 1979 Robert entra in contatto con i Siouxsie and the Banshees, band con cui nascerà un lungo e fruttuoso sodalizio.
Messe a curriculum esperienze di un certo rilievo, i Cure si presentano quindi agli anni Ottanta con le idee più chiare sulla direzione da prendere. Nasce in questo periodo la cosiddetta fase gotica, ben rappresentata dal singolo A Forest, tratto dall’album Seventeen Seconds:
Momento fondamentale per questa fase, in cui vengono indicati da molti come gli ‘eredi spirituali’ dei Joy Division, soprattutto dopo il suicidio di Curtis, è il rabbioso e disperato Pornography, un disco cupo e pessimista presentato per la prima volta sul palco con un nuovo look da parte dello stesso Smith. È proprio in questo periodo che il frontman del gruppo comincia infatti a truccarsi pesantemente e a distinguersi dal resto degli artisti per un look riconoscibile.
Superata questa fase, la band alterna vari momenti, spaziando da episodi più allegri, anche per volere dei manager della propria etichetta, ad altri più sperimentali, senza dimenticare un avvicinamento sempre più marcato a un certo pop. The Top del 1984 è visto da molti, in questo senso, come uno dei lavori più eclettici della loro intera discografia.
Pur rallentati da una serie di problemi interni, dovuti anche alla dipendenza dalle droghe di alcuni suoi membri e dalle continue rotture nei rapporti tra Smith e gli altri membri del gruppo, finalmente nel 1985 i Cure raggiungono il vero successo commerciale con l’album The Head on the Door, trascinato in classifica da singoli come Inbetween Days e soprattutto Close to Me:
A livello internazionale la consacrazione prosegue con Kiss Me Kiss Me Kiss Me del 1987, album in cui figurano alcuni dei loro classici, tra cui Just Like Heaven. Con la pubblicazione di questo lavoro Robert e compagni partono per la prima volta per un tour mondiale, di fatto raggiungendo l’apice del loro successo a livello commerciale.
Sempre alla ricerca di nuovi stimoli, sul finire del decennio tornano a sonorità più dark con l’album Disintegration, probabilmente il più famoso della loro carriera, grazie anche al singolo Lovesong, scritto da Smith come regalo d’anniversario per la moglie Mary Poole.
Fa seguito nel 1992 Wish, album che vale al gruppo anche una nomination ai Grammy, e che conferma il loro potenziale radiofonico con brani come Friday I’m in Love. Ma le solite problematiche di formazione dopo la pubblicazione del disco portano la band completamente allo sbando, facendo temere a molti fan anche una possibile rottura.
Segno evidente di questa crisi è il fallimento, non solo commerciale, di Wild Mood Swings. Quanto tutto sembra perduto, a ridare slancio alla carriera della band è Bloodflowers del 2000, album molto apprezzato dalla critica. Segue negli anni successivi un cambiamento di etichetta, con l’approdo alla Geffen Records e un ritorno a una certa produttività discografica, accompagnata da concerti storici tra cui la partecipazione al Live 8 (sul palco di Parigi) e un’esibizione memorabile al Teatro antico di Taormina.
Cosa fanno oggi i The Cure
Gli anni Duemiladieci non sono stati particolarmente produttivi per i Cure. Se nella prima metà hanno comunque messo a referto altri grandi appuntamenti dal vivo che ne hanno consolidato lo status di leggende viventi, discograficamente si sono fermati a lungo.
Nel 2022 Robert Smith ha quindi annunciato finalmente l’arrivo non di uno, ma di ben due album. Il primo dovrebbe chiamarsi Songs of Lost World, ed è stato anticipato solo nel 2024 da un primo singolo, Alone.
La discografia in studio
1979 – Three Imaginary Boys
1980 – Seventeen Seconds
1981 – Faith
1982 – Pornography
1983 – Japanese Whispers
1984 – The Top
1985 – The Head on the Door
1987 – Kiss Me Kiss Me Kiss Me
1989 – Disintegration
1992 – Wish
1996 – Wild Mood Swings
2000 – Bloodflowers
2004 – The Cure
2008 – 4:13 Dream
Sai che…
– La loro The Holy Hour è dedicata alla memoria di Ian Curtis, cantante dei Joy Division.
– Sono stati ammessi nella Rock and Roll Hall of Fame nel 2019.
– Band capace di influenzare tantissimi artisti, anche insospettabili, i Cure hanno saputo lasciarsi ispirare a loro volta, grazie alla creatività di Robert Smith, da tanti autori letterari. Per i suoi testi il cantautore britannico ha fatto riferimento, tra gli altri, ad Albert Camus, Charles Baudelaire, Samuel Taylor Coleridge, Franz Kafka, Christina Rossetti e Percy Bysshe Shelley.
– Su Instagram i The Cure hanno un account ufficiale da centinaia di migliaia di follower.
Se vuoi ascoltare le migliori canzoni dei Cure, ecco una playlist presente su Spotify: